Santa Maria Maddalena, il simbolo di Lollove

La costruzione della chiesa di Santa Maria Maddalena risale al XVI secolo ed è un tipico esempio di tardo gotico aragonese. L’armonia delle forme, la tendenza al verticale, la presenza del campanile (che è l’unico elemento del borgo che si staglia tra costruzioni perlopiù a un piano), le regalano un’armonia assolutamente unica per il territorio. La statua della Maddalena, posta nella grande nicchia centrale dell’altare maggiore, fu donata nel 1601 da Jannanghelu Pirella e Anghelu Satta, come attestato dall’iscrizione originaria riportata sul piedistallo della statua. I due vicari nuoresi provenivano dalla chiesa canonicale di Alghero, disponevano di un ingente patrimonio e potevano realizzare opere di grande pregio (i Pirella erano coloro che avevano costruito la chiesetta di Nostra Signora del Monte all’Ortobene).
Lucia Becchere

In questa struttura ci sono aspetti di chiara rottura con i precedenti stili architettonici a partire dall’eliminazione della massiccia massa muraria caratteristica del romanico in favore di una struttura più leggera ed esile, atta a mettere in evidenza lo scheletro dell’edificio per esaltarne la trasparenza, la leggerezza, la verticalità. Un senso architettonico più vicino allo spirito che alla materia: è il gotico, e da qualunque parte lo si guardi, l’edificio rivela la giusta armonia per la cura delle forme e delle linee.

La volta a costoloni è probabilmente la principale innovazione strutturale dell’architettura gotica, più facile da realizzare della normale volta a crociera.

La struttura sorge, probabilmente, su una chiesa preesistente, si sviluppa orizzontalmente su un unico livello e verticalmente è suddivisa in 3 navate.
L’edificio ha una muratura perimetrale continua, con le 3 navate diaframmate da pilastri, e presenta una copertura a capanna nell’aula e con volta a crociera nell’abside. La forma è rettangolare, con un portico laterale.

La tecnica costruttiva è a parete in muratura continua in blocchi di granito (materiale locale) mentre sulla navata principale insistono pilastri in trachite rosa, materiale certamente originario della valle del Tirso, che dista non più di 70 km da Lollove.

L’abside, come detto, ha la volta a crociera di forma quadrata, realizzata con costoloni e con medaglione in chiave.
Il corpo principale presenta invece una tipica copertura con tetto a capanna a pianta rettangolare, con soletta e copertura a tegole.

I pavimenti, presumibilmente in terra battuta fino a tutto il XIX secolo, sono in giunti di marmo allineati nelle navate, mentre nel presbiterio sono in trachite a giunti sfalsati.
Nel prospetto principale, in blocchi di granito, è presente un rosone in trachite e la cornice della porta, ugualmente in trachite, presenta motivi geometrici e floreali.
All’interno è visibile una ghiera a fascia e un medaglione a motivi geometrici nella chiave di volta, sempre in trachite.

All’interno, nella navata centrale, è presente un’incisione murale del 1608 in buono stato di conservazione fatta fare dal parroco responsabile del primo restauro.
Questi sostituì il precedente parroco, che era stato ucciso, e volendo ingraziarsi i fedeli locali fece scrivere:

P.P. GASOLE/NATIONE BITTI MANO/NULLUM PETIT NULLUM VOLET/QUAM (?) VIVAT SINE DANO

(Pietro Gasole, dalla grande Bitti, niente chiede niente vuole se non vivere senza danno).

La chiesa ospita, nella nicchia dietro l’altare maggiore, la statua della Maddalena (datata 1601), donata, come detto, dal prelato nuorese Giovanni Antonio Pirella e, in una navata, quella di San Biagio, il santo guaritore venerato per il suo potere di proteggere dalle malattie dell’apparato respiratorio.

Nella seconda metà del XX secolo la chiesa fu sottoposta a un importante restauro: la pavimentazione e l’altare furono sostituiti, e la facciata principale, prima intonacata, fu decorticata e portata a faccia vista.
Probabilmente è ascrivibile a quest’intervento anche il rifacimento della copertura e il parziale ripristino della cuspide del campanile, abbattuta da un fulmine.

Lo stile gotico in Sardegna

Il medioevo è stato un periodo di grande prosperità architettonica. I principali promotori del gotico in Europa furono gli ordini religiosi dei Benedettini, Cistercensi, e quelli mendicanti dei Domenicani e dei Francescani. Le regioni del Mediterraneo, in quest’epoca, non ebbero un destino comune e questa diversità si mantenne durante tutto il periodo in cui si è sviluppato lo stile gotico. In questo contesto non si può parlare di arte o architettura gotica in senso stretto e ben definito poiché i caratteri tecnici, formali e iconografici ad essa attribuiti non sono mai costanti. Tale definizione è in sostanza un termine convenzionale utilizzato dagli storici, che varia di significato secondo i suoi interpreti.
La maggior parte dei monumenti gotici era destinata a luoghi di culto per cui è normale che tale architettura sia stata interpretata in funzione dei suoi significati religiosi, anche se non mancano preziosi esempi di palazzi aristocratici.

Come noto, la Sardegna, dal XV al XVIII secolo, fece parte della prima della Corona d’Aragona e poi del Regno di Spagna. Sul suo territorio fu introdotta la cultura costruttiva del gotico che si sviluppò e consolidò in forme codificate ripetibili che interessarono sia l’architettura religiosa che quella civile.
Perciò tendiamo a definire le manifestazioni architettoniche realizzate in Sardegna in questo periodo come tardogotico catalano.
Per l’erezione delle chiese lo stile dell’epoca prevedeva l’aula unica, talvolta con cappelle laterali ricavate tra i contrafforti, e presbiteri quadrangolari o poligonali il cui numero di lati è uguale al numero delle campate dell’aula.
La copertura di quest’ultima poteva essere lignea, a spioventi su archi ogivali, o a volta a crociera nervata da snelli costoloni. La copertura dell’abside e delle cappelle laterali è invece sempre a volta a crociera costolonata e chiusa da gemma pendula recante la figurazione della Madonna col Bambino, del Cristo o del santo titolare della chiesa.

La prassi costruttiva tardogotica, consolidata nell’area mediterranea d’influenza spagnola, si basava su regole geometriche prefissate e si manifestava in modo caratterizzante negli edifici religiosi con coperture a volta nervata. La proporzione tra i lati dell’area da coprire, il tracciamento in pianta delle nervature come successione di bisettrici d’angolo, i problemi di stereotomia, gli aspetti volumetrici sono solo alcuni degli elementi che possono descrivere il complesso costruttivo di una volta a crociera nervata.

Gli aspetti fondamentali del gotico aragonese erano: la grande importanza data allo spazio interno; l’austerità degli esterni (l’arco a tutto sesto della porta e il rosone rappresentano gli unici elementi decorativi in facciata); un contatto tra interno ed esterno limitato.

Grande importanza veniva data alla scultura del rosone, della cornice della porta e delle colonne interne: la pedra picada era il materiale più sontuoso nonché quello più diffusamente utilizzato da questo tipo di architettura.
I picapreders escultors scolpirono finemente porte, finestre, soglie, davanzali, imposte degli archi, architravi e conci degli archi. Ma anche elementi di sostegno come pilastri e colonne, strutture delle volte ed elementi di collegamento di spigoli; nonché le imposte, le cornici e i gradini delle scale.
Di fatto crearono uno stile architettonico così unico da essere riconoscibile solo in Catalogna e in Sardegna.

Per tutto il periodo in cui si svolsero le guerre tra l’Aragona e l’Arborea (tra XIV e primi decenni del XV secolo) vennero edificati pochissimi edifici sia di natura religiosa che civile.
In seguito, tra i secoli XV e XVI, si costituì una vera e propria scuola di picapedrers, (scalpellini-costruttori) fondata da maestri catalani, migrati in gran numero, soprattutto nelle città più importanti dell’isola, Cagliari e Alghero. Successivamente si diffusero un po’ in tutto il territorio, lavorando anche nei centri dell’interno, per esempio del Marghine, Barigadu e Mandrolisai.

Anche nel territorio sardo si sviluppò la cultura costruttiva del gotico che si consolidò in forme codificate ripetibili che interessarono sia l’architettura religiosa che quella civile.
I tipi costruttivi del tardogotico comparvero in Sardegna nel XIV secolo per poi raggiungere la massima diffusione tra il XV e il XVII secolo. In questo lungo periodo si formarono gruppi di costruttori locali che rielaborarono secondo il proprio gusto le forme acquisite dalla Spagna, e in particolare dalla Catalogna.

In questo contesto è interessante capire quale sia stato l’apporto delle maestranze locali e come le abilità dei costruttori sardi si siano integrate con quelle dei nuovi venuti.
Nei primi tempi i mestres erano tutti catalani, ma successivamente anche i sardi ebbero la possibilità di occupare la vetta della struttura gremiale e aprire una propria bottega.

Nella seconda metà del Cinquecento, alcuni giovani apprendisti dei villaggi andavano a bottega in città presso un maestro. Questi stipulavano un contratto secondo cui si impegnavano ad apprendere il mestiere e contemporaneamente a servire il maestro; quest’ultimo si impegnava a sua volta, a “instruere” , a insegnare cioè, il mestiere, al giovane, accogliendolo nella sua casa, dandogli vitto e alloggio.

Forse è proprio questo il canale principale della diffusione della cultura catalana in tutta l’isola fra Cinquecento e Seicento. Questo fenomeno di contaminazione avvenne a tutti i livelli della società sarda di quel tempo.
Pian piano si arrivò al punto in cui la compenetrazione tra sardi e catalani divenne totale: i catalani immigrati in Sardegna cominciano a sentirsi sardi e i sardi entrano a far parte del mondo catalano.
È noto che le popolazioni dei villaggi mostrassero alcune difficoltà ad acquisire usi e costumi dei nuovi conquistatori. Questa è una dinamica che, all’interno, ha sempre richiesto molto più tempo e comunque non è mai stato un processo passivo: le novità venivano percepite e rielaborate, nonché adattate ai propri usi e costumi.

La figura dell’architetto-artigiano si esaurirà con il sopraggiungere degli architetti di educazione colta provenienti dal Piemonte.

I picapedrers maistos de muru continueranno ad occuparsi di architettura domestica – di cui abbiamo eccellenti testimonianze prevalentemente nei centri del Campidano, delle Barbagie, del Barigadu – finché i nuovi dominatori non imporranno nuove regole nella concezione degli edifici e dei sistemi di insediamento.

Nei paesi, quindi, si continueranno ad utilizzare le forme gotiche, perché parte del proprio patrimonio. È questo, con ogni probabilità, il caso della Chiesa di Santa Maria Maddalena di Lollove.

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