Un borgo resiliente

Se c’è una parola per descrivere Lollove e la sua storia non può che essere resilienza.
La resilienza, come noto, è la capacità di far fronte in maniera efficace agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà.
I fattori identitari, la coesione sociale, la comunità d’intenti e di valori costituiscono il fondamento essenziale della comunità resiliente. E questo è Lollove da secoli, oltre la storia e le leggendarie maledizioni.

E questo, in realtà è anche il portato storico di tutta la costante resistenziale dei sardi individuata dall’insigne archeologo Giovanni Lilliu: «Un’Isola sulla quale è calata per secoli la mano oppressiva del colonizzatore, a cui ha opposto, sistematicamente, il graffio della resistenza»

A meno di 15 chilometri da Nuoro è possibile immergersi in questo misterioso pezzo di medioevo, da sempre popolato da pochissime famiglie, che all’ultimo censimento contava in tutto 26 membri.
Circondati da case (e ruderi) di pietra e terra, immutati da secoli.
Dominati dalla chiesetta cinquecentesca tardo gotica di Santa Maria Maddalena, con i suoi archi a sesto acuto in trachite rosa.
Serviti da una locanda, unica attività commerciale del posto.
Collegati da due corse giornaliere di postalino, l’autobus che segue la tratta Lollove-Nuoro.

I lollovesi, impegnati a coltivare le vigne e i terreni che sovrastano la conca naturale che li isola e protegge da centinaia di anni, hanno dovuto fare i conti con un lentissimo progresso tecnico: l’energia elettrica arrivò solo nel 1960, grazie al sindaco Alfredo Atzeni, mentre la scuola elementare iniziò a funzionare con una pluriclasse alla fine degli anni Cinquanta, e la fognatura fu costruita negli anni Ottanta.

Attualmente il borgo conta una decina di residenti, poiché il resto della popolazione si è trasferita nei rioni di Sa ‘e Sulis e Preda Istrada a Nuoro. Eppure, fino a 40 anni fa, i residenti erano quasi 400.

Lollove è un retaggio medioevale che attraversa la modernità mantenendo pressoché immutato, eccetto qualche esempio, l’impianto architettonico, urbanistico e culturale che si estende per quasi 30.000 mq. di superficie complessiva tra case, strade e cortili.
Lollove ricorda la Nuoro di due secoli fa, un luogo dove storia e leggenda, passato e presente si fondono come per incanto.

Testimonianze

Nel 1896 il celebre poeta-avvocato nuorese Sebastiano Satta scrive un curioso articolo su Lollove che viene pubblicato nella rubrica Pastelli del quotidiano La Nuova Sardegna:

Lollobe ha trecentosessantasette abitanti, cinquantasei case e due elettori. Ci si arriva, partendo da Nuoro, per una stradicciuola, ora erta ora scoscesa, ghiaiosa e dirupata, traversando vallate umide e fresche, o monticelli brulli e desolati.

Durante la gita chi fa da guida vi potrà mostrare pochi palmi di terra o qualche fonte dove cadde assassinato qualche viandante, e voi per il nitido cielo d’inverno potrete scorgere dei gloriosi voli dei falconi che spiccati dai calvi culmini dei monti d’attorno, navigano l’aria stridendo al sole.

Lollove, cinto da poche siepi di leccio, da alcuni mandorli intristiti e da molte agavi ed olivastri pallidi, appare giù nella valle, abbandonato, come un morto nella bara. Quando io mi vi recai, pedibusse cum chambisse, come diceva Tartarius, era il giorno dell’Epifania.

In quel paese nessuna traccia del passaggio dei Re Magi, i bei vegliardi dallo scettro d’oro. Dappertutto un silenzio di siesta estiva, e solo un sentore di sugo fritto che veniva fuori da un casolare ove si facevan gli onori della piccola Pasqua a un chiomato e pellito ospite di Orgosolo.

Lollobe, come tutti i paesi ha anch’esso una sua storia. Una famiglia di orunesi, pastori di capre, calata giù si fermò a “Barbara Capra” dove sono due conche rocciose mezzo nascoste tra gli olivastri. Ivi la patriarcale famiglia crebbe e moltiplicò, dando origine al paesello che fu poi aggiogato al comune di Nuoro. Gli uomini avevano allora il costume della madre patria, mentre le donne, più tenaci, conservavano e conservano ancora il giallo corsetto orunese.

Riesce impossibile descrivere le strade del piccolo abitato ostruite da rocce e da massi enormi, piene di ciuffi d’euforbio o di caprofico, tanto che non vi possono transitare né cavalli né carri. Le case sono basse e tenebrose. Nei pomeriggi soleggiati, uomini e donne stanno sugli usci con le mani in mano e la attitudine rassegnata e miserevole, guardando il monte che incombe e la campagna che non ha promesse di gioia o di raccolti. Il signor Pietro Siotto (che vi accoglie con affettuosa ospitalità e che è il più facoltoso proprietario del luogo) fece a me, e dagli altri gitanti, la sconfortante cronaca del suo paesello.

Lollobe giace, abbandonato, quasi come “Jerusalem di Geremia”. La famiglia Siotto, funestata un tempo da ire di parte, vide molti dei suoi cadere assassinati, vide dispersa gran parte delle sue sostanze. Ora gli odii dei maggiori dormono assieme ai poveri assassinati, sotto l’erba del cimitero.

Un soffio di nuova vita affratella quel nido di anime, e Pietro Siotto, figlio e parente delle vittime, stende la mano ai figli dei nemici e sacrifica tutto al benessere del villaggio. Ma che cosa volete che possa fare: egli sa che la sua opera non è coadiuvata dal municipio di Nuoro.

Ma nel municipio di Nuoro, che non pensa a Lollove, bisognerebbe, come disse un lollobese, che paga dodici lire di fuocatico, infilzare di orecchio in orecchio una bacchetta di fucile arroventata. Guardate, ci diceva egli (e nel gran silenzio mentre parlava con voce grave e scorata, si udiva venir giù dal monte il rumore dei sonagli di un branco di capre) come è ridotto questo paese! Noi dobbiamo seppellire i nostri morti, e quando noi siamo dietro la mandria o a legnare sono le donne che li seppelliscono… Il grano, la legna, le provviste tutte le portiamo a spalle o dal vostro paese o da Orune, e quando il fiume ingrossa rimaniamo o chiusi fuori, o tappati dentro il villaggio… eppure il fuocatico lo paghiamo, così potessimo conficcare la bacchetta rovente nelle orecchie del municipio di Nuoro!

Ed è proprio così. Quella povera gente non ha a proteggerla che il suo San Biagio, povero santuccio che vi fa passare il mal di gola con due candele incrociate sotto il mento; il signor Siotto del quale vi ho parlato e il medico Antonio Floris. Questi fu ed è per quei disgraziati come frate Archangias per Emilio Zola de “Il fallo dell’Abate Mouret”.

Anch’egli, che vi si reca da Nuoro tutte le settimane per curarne i corpi – alle anime ci pensa san Biagio – sgridava compari e comari o li diceva meritevoli di venire picchiati con una pertica lunga quanto una schiena, se non avessero a sfangarsi e ad… umanizzarsi… E così, rabbuffandoli e accarezzandoli riuscì a dirozzarli un poco. Ma pure quanto hai da fare perché i tuoi ideali si realizzino, o caro amico, ed esagerato monarchico!

Lollove non ha né poste né procaccio. Il signor Siotto, uno degli assidui della “Nuova”, manda a Nuoro quasi tutti i giorni per comprarla. Le madri che hanno qualche figlio soldato, vengono a Nuoro a piedi per chiedere le lettere di quei cari lontani, ma poi quando il fiume s’ingrossa restano, giorni e giorni, in quella squallida valle, separati dal mondo, senza notizie, senza conforto e senza medicinali per gli ammalati.

Sempre su La Nuova Sardegna, nel 1912, un altro articolista, che firma il pezzo con la sigla P.S. (presumibilmente Pietro Siotto), così descrive Lollove:

Lollovi è una borgata posta a settentrione di Nuoro, dalla cui città dipende. Conta più di trecento abitanti, ma è lasciata nel più grande abbandono. Se qualche volta si fanno vedere i carabinieri, questi maledicono il momento in cui giungono, poiché dopo un’ora e mezzo di viaggio da Nuoro, passando per dirupi e precipizi, dopo aver preso a mezza strada un bagno freddo fino alle ginocchia, giungono, questi poveri militi, in un luogo dove non trovano alcuna sorta di cibo, essendo la borgata priva di botteguccie di generi alimentari o d’altro, costretti a concentrarsi di riposare le membra, se pernottano là, su di una misera stuoia.

In tal modo avviene che passano delle settimane senza che si faccia vedere l’ombra della Benemerita che si riserva a venire quando è chiamata per indagare su qualche reato commesso. Il medico condotto di Nuoro si fa vedere una volta sola alla settimana, in modo che se una malattia prende una brutta piega, l’ammalato se ne va all’altro mondo per non aver avuto la… pazienza di rimanere in vita fino all’altra settimana in cui sarebbe giunto il medico!

E tutto questo perché? Perché il Comune di Nuoro non si vuol degnare di fare una strada, almeno mulattiera, da Nuoro a Lollovi, facendo un piccolo ponte per attraversare il fiume, che è causa di gravi malattie alle misere donne di Lollovi, le quali quasi ogni giorno devono recarsi a Nuoro per comprare quanto è necessario per sostenere la famiglia. Come si fa ora a portare sulle spalle e sul capo i commestibili da Nuoro se a malapena, liberi, si può passare a piedi in tali precipizi? Si è fatta una supplica perché il consiglio comunale di Nuoro si muovesse a volere riparare, almeno adesso, questo cammino, ma, come al solito, orecchie sorde. E dire che noi lollovesi non facciamo orecchie sorde per pagare le varie tasse al Comune di Nuoro. Perfino la tassa sui cani qui si pretende!

L’abbandono della borgata è immenso. Per la mancanza di una strada non si può fare da questa borgata commercio di bestiame, di legna, di carbone e altro. Interpellati alcuni consiglieri comunali di Nuoro perché si desse la refezione ai bambini che frequentano la scuola, si seppe che si rispose: “A Lollove niente, sono tutti ladri”. Ed io aggiungo: se siamo tutti ladri, perché non fate che questa borgata che paga tante tasse goda un po’ dei benefici della civiltà, costruendo almeno la strada di comunicazione?

Però mi si conceda una domanda: se a Nuoro non si vedesse per settimane e settimane, come a Lollovi, l’ombra di un soldato, rimarrebbero i cittadini galantuomini? Non so. Dunque, il consiglio comunale di Nuoro si affretti a voler accomodare il cammino Nuoro-Lollovi, in modo che a piedi si possa passare il pericolo di rompersi il collo, e i lollovesi con una strada di comunicazione potranno impiantare nella loro borgata qualche negozio e diventare più civili e più laboriosi.

Lollove torna sui giornali il 5 gennaio 1941, con il periodico diocesano L’ Ortobene, in un articolo a firma Ci e Gi:

Solitario, in mezzo a monti da cime ineguali, sperduto in una conca nera, fra dense boscaglie piange del suo destino il minuscolo paese di Lollove. Per arrivarci bisogna lottare con una strada erta di sassi e di ciottoli, bisogna arrampicarsi per terreni scoscesi barcollando sempre come sonnambuli ed uno dietro l’altro “come i frati minor vanno per via”. Si giunge così ad una cresta di monte stanchi, sfiniti e col cuore alla gola. Più in fondo alla valle il torrente, il piccolo grande torrente di Lollove, brontola e urla sempre come belva ferita. I forti e baldi abitanti più volte hanno messo su delle passerelle e delle palancole, vi hanno lanciato macigni di granito, ma l’impetuosa corrente ha sempre travolto ogni resistenza.

Ora per raggiungere il paese è necessario dissetare … le scarpe e per di più rinfrescarsi con una buona bagnata fino alle ginocchia

Quanto sarebbe comodo per questi frazionisti che alla fine sono anch’essi parte integrante del Comune di Nuoro, la costruzione di un piccolo ponte. E se questi uomini di Lollove sono rassegnati al loro destino, non è forse dovere del Comune di Nuoro andare incontro al proprio popolo, rendersi conto delle necessità più impellenti delle popolazioni minori?

Siamo al paese: poche case mal intonacate, poche roccie ben pulite, poche voci, pochissimo frastuono e molta calma.

E’ un paese antico, aggregato di contadini e di pastori, discendenti tutti da un unico cespite. Amano il lavoro tanto gli uomini quanto le loro virtuose e belle donne. Sono forti e tenaci come le loro rocce nude, fieri e superbi come Saraceni anche nello squallore della solitudine, generosi ed ospitali anche nella grigia foschia della loro miseria. La loro parola è una promessa, la loro promessa un giuramento. Non conoscono ambagi e sono leali e solidali con gli amici sino alla morte.

Questo pugno di uomini, che sente nelle vene scorrere il più puro sangue della nostra Sardegna, tenacemente legato e attaccato alla terra, ha dovuto ascoltare traverso i secoli le stridule voci del livido disprezzo e dell’incosciente rabbia dei suoi conterranei e dei paesi limitrofi.

Una vera piaga era la malaria : imperava in tutte le campagne, in tutte le case col giallo pallore della morte, ed il medico arrivava una volta l’anno per stringere il polso a coloro che alla prossima sua venuta sarebbero stati … Felici sotto l’ombra fresca dei cipressi.

Ora Lollove si vede sotto diversa forma: una caserma di CCRR vigila sull’ordine e sulla disciplina; una scuola Rurale illumina la mente e riscalda il cuore con l’istruzione e l’educazione; una Chiesa dove si apprendono le grandi verità della nostra religione, base e fulcro di tutte le scienze e di tutte le vittorie.

Ancora L’Ortobene pubblicherà, vent’anni dopo, un articolo intitolato “Lollove o della morte: a Nuoro il comando senza doveri a Lollove la servitù senza diritti” firmato Vice:

Ho sentito parlare spesso di Lollove, dell’isolamento dei suoi abitanti, della razza genuina di questa piccola frazione del Comune di Nuoro.

Ho voluto vedere con i miei occhi la strada, il paesino isolato e senza vita, le persone che a Lollove vivono felici per l’affetto che portano alle pareti domestiche, a quanto di più antico e di più caro l’animo rassegnato conserva nel suo intimo e la mente fantastica culla nei suoi sogni.

Dalle prime battute mi sono accorto che i lollovesi non sono e non saranno mai nuoresi per il radicato istinto atavico della razza e dell’onore, dell’indipendenza e della personalità. Il nuorese contraccambia questa umana posizione con il disprezzo, l’abbandono e l’isolamento dal consorzio civile, con un taglio netto e posizioni definite. A Nuoro il comando senza doveri, a Lollove la servitù senza diritti!

In verità i lollovesi non hanno tutti i torti! Esigono una maggiore applicazione della giustizia e una migliore amministrazione della loro realtà con eguali diritti e eguali doveri. Per questo senso fondato di onestà e di rettitudine pagano le tasse all’Esattoria Comunale, le reclute sono puntuali all’Ufficio di Leva, esercitando il dovere e il diritto del voto, gustano il nuovo e l’utile e sentono di avere un’anima e un corpo come i nuoresi, sono apprezzati per il folklore delle Sagre di S. Biagio, della Maddalena, di S. Eufemia; sono soprattutto tenaci e assidui nel dissodamento della loro terra arida e piena di triboli.

La più grande sofferenza lollovese è l’abbandono della strada, simile ad un fiume in secco, zeppo di fosse e di incrinature orribili, banco di prova per l’agilità dei pedoni e per le balestre più resistenti dei mezzi motorizzati!

Questa sofferenza si concreta nella carenza della rete idrica e fognaria, della caserma e del raccordo di quattro chilometri alla Nuoro-Siniscola all’altezza del Ponte di Marreri; continua, ferendo nello avviamento alla vita, le intelligenze dei bambini per il mancato completamento del Caseggiato delle Scuole Elementari. Una scuola viva, piena di luce e di sole manca a Lollove come un tempo mancava una chiesa linda e accogliente per ritemprare nel silenzio della preghiera le forze stanche e rassegnate alla dispotica volontà dei feudatari…nuoresi.

Il giovane e dinamico Parroco di Lollove, Don Giovanni Delogu, vivendo a contatto coi parrocchiani ha fatto suoi questi problemi e durante i sei anni di Parrocato ha ricostruito nelle primiere linee architettoniche la Chiesa Parrocchiale, arricchendola di un altare elegantissimo in trachite, di una nuova sagrestia, di un salone ricreativo con la televisione. Ha dato tutto se stesso per fare felici gli isolati da Nuoro; ha scomodato le Autorità del Governo e per l’interessamento del Prefetto dottor Nilo Pignataro, Lollove può comunicare telefonicamente con Nuoro.

Con la stessa facilità i lollovesi vorrebbero viaggiare lungo lo snodarsi dei 12 km di strada impraticabile, data la mancanza del cantoniere da Locùla alla frazione. Basterebbe un po’ di buona volontà e mettere in atto la delibera della vecchia amministrazione comunale relativa al cantoniere e alle sue mansioni; sarebbe sufficiente un po’ più di senso comune per capire che l’amministrazione comunale perde e perderà sempre di più se non ci sarà un po’ di ghiaia. Sarebbe meglio aprire gli occhi per vedere il doppio metro e la doppia misura della manutenzione dei primi sei km Nuoro-Locùla e Locùla-Lollove ma forse l’egoismo, l’indifferenza, la trascuratezza tolgono la visuale di queste cose e di questi problemi, che risolti farebbero felici i lollovesi.”

picture_as_pdf Sistema di facilitazione accesso disabili